10 Mar Ferrino Desert Kat dalle dune a tappe alle non stop di alta montagna
Mi ci sono voluti quasi 4 anni (+ 4 di utilizzo) , una ricerca estenuante per sostituire quello che considero il padre di tutti gli zaini da UltraTrail, il vecchio modello Raidlight Olmo 20. Studiato appunto da Marco Olmo e fantastico in ogni frangiante, dalla gara di 5 giorni nel deserto, alla 100 miglia in montagna. Leggero, perfettamente bilanciato, compattabile, è stato il mio compagno di avventure più fidato.
Amo il mio Olmo 20L, tantissime avventure, ricordi unici, ogni segno di usura è una storia.
Ovviamente come tutti i prodotti troppo buoni, quelli della Raidlight hanno pensato bene di smettere di produrlo e rimpiazzarlo con gli orrendi, scomodi e deformi zaini da 15-20 litri della attuale linea Olmo.
E così mi sono tenuto ben stretto il mio vecchio Olmo grigio, che calza come un guanto e che assicura una perfetta ripartizione dei pesi.
Il punto è che, che qualsiasi zaino, dopo quasi 8 anni di utilizzo ininterrotto quasi settimanale in tutte le condizioni, chiede di andare in pensione.
Contatto Raidlight ma nulla.
Insisto tramite rappresentante italiano ma nulla. Infine chiedo a Messer Benoit Laval in persona di trovarmi qualche residuato bellico in fondo ai magazzini di St-Pierre-de-Chartreuse. Niente da fare, non si trova. Anzi, da quella richiesta in poi il patron di Raidlight, quasi come se il complimento su un vecchio prodotto fosse un insulto a quelli nuovi, ha smesso di rivolgermi la parola. E fu così, che tra le sabbie Omaniti nacque l’antipatia del marchio verso il sottoscritto. Antipatia non ricambiata da parte mia.
Siamo nel lontano duemilaquindici.
Altra possibilità: spedire quel che resta dello zaino, ancora utilizzabile, in Cina e farlo clonare. Soluzione molto nel mio stile. No, evitiamo, non posso credere che dopo l’Olmo di Marco Olmo non ci siano più zaini validi.
Da questa premessa scatta la ricerca di uno zaino che abbia le seguenti caratteristiche: comprimibile a volumi inferiori pur non restando ingombrante in modo da avere un 10-25 L. Questo per un discorso di praticità ma anche per il fatto che nelle gare lunghe il carico dello zaino può variare notevolmente in base a quello che si indossa.
2. Leggero ma molto resistente: leggerezza certamente, ma resta pur sempre uno zaino da Ultra Trail che deve poter contenere oggetti pesanti che non sempre, vista la fretta della gara, si riescono a riporre secondo le buone vecchie regole di corretta distribuzione del peso. In questi contesti lo zaino deve “adattarsi” ad un uso talvolta non sempre corretto che ne facciamo, ovvero a carichi non sempre ripartiti in modo ottimale. Ed è su questo punto che mi sono trovato a scartare gli zaini della Hoka, perfetti sotto ogni aspetto, ma a mio avviso realizzati in un materiale troppo racing e meno adatto a condizioni di alta usura come le gare a tappe o i raid in montagna. Ottima scelta per chi guarda alla leggerezza e ad un uso non estremo spendendo poco.
3. Con la possibilità di tenere le borracce grandi sul fronte ed eventualmente un camel all’interno dello zaino. Tendenzialmente non uso il camel, lo uso quasi come riserva d’emergenza e preferisco due bottiglie da 350, 500 o 750, a seconda della gara, da tenere sugli spallacci. Questo anche per il fatto che in una tengo acqua, nell’altra acqua e gel e alterno l’uso delle due. Su questo punto mi crollano gli zaini della Salomon, della Ferrino e di altre marche. Zaini perfetti da dietro, ma hanno spallacci non adeguatamente strutturati a contenere due borracce grandi, ma solo delle flask o peggio ancora nulla. Il Fronte ideale è quello dei Raidlight: perfetto per come sono strutturate le tasche, le borracce e gli inserti in mesh.
4. Tasche di facile accesso sul fronte: Oltre alle tasche sugli spallacci, utili sono delle tasche sul fronte, e per fronte intendo fronte, e non laterale accessibile. Impresa però trovare queste tasche di dimensioni adatte a contenere GPS o macchina foto o merendina senza però diventare di ingombro durante la corsa.
5. Bilanciato verticalmente e non con l’effetto “culo a pera”. Uno dei due grandi difetti della nuova linea di zaini Radilight Olmo: un difetto di una gravità tale da rovinare tutto l’ottimo lavoro di design che è stato fatto sul questo zaino. Impensabile correre comodamente con un una pera gigante sulla schiena: effetto papera assicurato oltre che un carico lombare inadeguato ed abrasioni a go go. Da notare che l’effetto a pera spesso si può mitigare o evitare del tutto facendo lo zaino in modo sapiente, ma questo significherebbe farlo e disfarlo da zero ad ogni accesso. Impensabile. Fantastica la forma degli Hoka e dei Salomon in tal senso. Bilanciamento perfetto del carico anche se ripartito in modo non ottimale.
Capirete quindi come mai sono rimasto con il mio vecchio Olmo quasi a brandelli: ho cercato un Hoka ma in materiale più resistente, con il retro ibrido Hoka / Salomon ed il fronte e spallacci di un Raidlight Olmo e con le caratteristiche di montagna di un Ferrino.
Un miraggio, uno zaino che non esiste, ma chi la dura la vince ed alla fine ho trovato il mio zaino ideale, il Ferrino Desert Kat.
Questo zaino coniuga alla perfezione le esigenze escursionistiche di durabilità e la vocazione montana dell’azienda Torinese con le necessità di leggerezza ed accessibilità del carico di chi corre. Questo zaino urla a gran voce quanto in Ferrino ne capiscano di montagna, al punto da mettere chi possiede questo zaino, nelle condizioni di ripartire il carico sempre in maniera ottimale. Senza farlo e disfarlo da zero:
- La parte bassa, quella che deve / dovrebbe contenere gli oggetti più voluminosi e leggeri è separata dal resto dello zaino da una cerniera interna e si ha accesso laterale senza aprire tutto lo zaino. Ne consegue che le giacche o i pantaloni / maglie / copri pantaloni vanno sempre sotto, sono separati dal resto ed accessibili in un lampo con la cerniera laterale. Molti corridori, mettendo e togliendo questi indumenti li infilano nello zaino e finiscono per gravità per restare in cima, spostando il peso sul fondo e aumentando le possibilità di usura ed effetto pera.
- Nella parte superiore esterna, dove andrebbe collocato il massimo del peso, abbiamo due tasche distinte: una a cerniera e una in mesh. In questo modo gli oggetti pesanti come batterie, cibo o simili sono accessibili immediatamente ma “saldati” in alto, evitando appunto lo spostamento sul fondo dello zaino.
- L’alloggiamento (mesh) per il camelback parte dalle spalle e si infila sotto la tasca di fondo, creando uno spazio verticale aderente alla schiena su tutta la superficie dello zaino. Per intenderci si infila dietro la separazione del punto 1.
Ne consegue un carico, se con acqua, così ripartito da aderire alla schiena su tutta la superfice dello zaino, carico leggero e voluminoso in basso, carico compatto e pesante in alto esterno.
Uno zaino da manuale che si “auto organizza” in maniera naturale.
A questo studio attento sul carico, che nessun altro zaino in commercio ha, ma che si può e si dovrebbe ottenere sempre su tutti gli zaino solo con un uso sapiente del prodotto che raramente avviene, si aggiunge un sistema di regolazione degli spallacci con blocco a velcro. Fondamentale per regolare l’altezza dello zaino. Sistema a cui mettere mano solo prima della gara per un’ottimale regolazione, oppure al 3-4 giorno di una gara a tappe, dove l’ormai ridotto quantitativo di cibo modifica totalmente l’assetto di carico.
Le tasche frontali hanno il fondo in mesh, il che le rende flessibili e molto estensibili. Un dettaglio molto ben curato. Ovviamente lo zaino ha tutte le classiche asole e ganci per assicurare un materassino o sacco a pelo in posizione bassa esterna, riproponendo anche qui la tradizione escursionistica. Dettagli che chi non necessita sacco a pelo nemmeno noterà.
Una delle caratteristiche di questo zaino è la leggerezza, ma si nota anche immediatamente che è realizzato in materiali diversi, assemblati in modo perfetto che ne fa intravedere una fattura che solo il lavoro di un artigiano esperto può generare.
La tela nautica bianca, resistente quanto il ferro e leggerissima, associata ad inserti in mesh, imbottatura e materiale impermeabile, fanno di questo zaino un vero capolavoro dove il materiale ideale è stato messo nel punto ideale.
Ovviamente costa meno fare uno zaino con pochi tagli, pochi dettagli e tutto nello stesso materiale, costa meno ma la differenza si vede. Ed è qui che il prezzo quasi doppio rispetto alla media degli zaini è del tutto giustificato.
Il Ferrino Desert Kat resta però uno zaino di prima generazione e ci sono ancora due aspetti da migliorare: più tasche e sviluppo sul fronte per dare accesso veloce a gel, barrette o macchina fotografica. La Ferrino ha introdotto lo spazio per le bottiglie sullo spallaccio, cosa che non aveva fatto prima per altri prodotti, ora, a mio avviso, deve sviluppare ulteriormente questi spazi, con taschine modulari a velcro in stile Salomon o fisse come da esperienza Raidlight. Ferrino, nella prossima generazione di Desert kat dovrebbe portare l’attenzione ai dettagli prestata sul restro, anche sul fronte.
Aspetto dolente sono le cerniere: punto debole di tutte le marche, eccezione fatta per Raidlight. Se spesso le cerniere sono di dubbia fattura e poco durevoli, queste sono indubbiamente resistenti e di qualità, ma non scorrevoli e facili da aprire quanto quelle che si trovano sui prodotti Raidgliht. Sono dettagli che però portano ad un confort molto maggiore durante l’utilizzo: l’apertura e la chiusura qui, come in casa Salomon, avviene con due mani. Una mano a tirare la cerniera e l’altra a tenerla in posizione. Ideale sarebbe una cerniera più scorrevole fluida che consentisse questa operazione con una sola mano.
In definitiva il Desert Kat non è uno zaino solo da deserto ma un passepartout dall’ultra maratona alla gara a tappe.
Dall’escursione a piedi alla corsa in montagna su distanza medio lunga. Un “must have” nell’armadio di chi, come me, decide di avere pochi pezzi ma buoni e preferisce affidarsi ad attrezzatura mediamente più costosa ma sicuramente più durevole ed affidabile. Per ora posso dire di aver fatto un ottimo investimento.
Ora, pubblicato il pezzo, non mi resta che andare dalla mia sarta di fiducia ed applicare due taschine ulteriori sullo spallaccio, una striscia in mesh che formi una tasca sovrapposta ai portaborracce e ci siamo. Lo zaino utopico è realtà.
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