18 Gen Diario di un anno di Corsa della Bora. (e che anno)
Scrivo in prima persona. Scrivo in prima persona perché sta volta non voglio solo ringraziare. Preparatevi a non trovare la sfilza di nomi.
Voglio raccontarvi come ho vissuto questo anno di lavoro.
I primi anni della gara, il giorno dopo la chiusura del Bora Village, era un misto di stanchezza ed entusiasmo. Nel 2020, quasi come un auspicio dell’anno orribile verso il quale siamo andati, alla fine della gara c’era solo tensione, nervosismo e provavo solitudine.
All’esterno sembrava tutto a posto. Tempo perfetto, numeri in crescita, concorrenti contenti.
Però io non ero soddisfatto. Non vi nascondo che ho anche pensato di mollare.
Poi, a mente fredda ho iniziato a vedere tutto il bene, tutto l’entusiasmo che c’era ancora nel gruppo, ma che io non riuscivo più a vedere. La prima cosa è stata quindi pensare a trovare nuovamente armonia nel team. Quei sorrisi, quella voglia di fare, quell’entusiasmo elettrico che ci ha alimentati, ma che rischiava di spegnersi.
Gennaio 2020: programmiamo una 80 km, niente Ipertrail, niente 164 km … insomma, un anno facile in cui mettere a posto le cose e riformare la squadra dopo aver rimosso 3 degli 8 membri base su cui si fondava. Fattibile, con davanti meno impegno previsto.
GENNAIO – MAGGIO 2020
Ecco, poi non è andata esattamente così. Sappiamo tutti cosa è successo. Torno da Gran Canaria in una Bergamo spettrale e nel pieno della pandemia. (Capisco che nonostante gli #andratuttobene non sarebbe stata questione di un paio di mesi). Solo pensare ad una gara a gennaio sarebbe sarebbe stato sbagliato, eppure il pensiero che ho avuto allora è stato: “quanti gennai saranno così”? Autostrade deserte, hotel chiusi, autogrill bui. Qui non si scherza. Dobbiamo ripensare la nostra vita, non fronteggiare un momento passeggero. E così ho iniziato a fare, a ripensare il modo di vivere, di socializzare, di lavorare ed infine anche al modo di gareggiare.
L’anno è iniziato parlando con l’amico Omar Fanciullo sul progetto della 42 km da inserire nella rosa di gare S1, con un dialogo e una collaborazione tra ASD SentieroUNO e Trieste Atletica che è andato rafforzandosi nei mesi, basato su una stima ed un supporto reciproci. Sempre fin dalle prime fasi di progettazione dell’evento 2021 c’è stata anche la presenza quasi quotidiana di Giorgio Mior, e di AICS FVG che mi hanno guidato ad una lettura pragmatica dello stato di Emergenza. Giorgio prima e poi Francesca Ilaria e Giovanni Tracanelli che mi hanno aiutato a capire e studiare i DPCM. Forse a loro va uno dei meriti maggiori per questo risultato: quello di avermi dato gli strumenti e la lucidità per andare avanti. Mi hanno bloccato, mi hanno spronato, mi hanno consigliato. L’ AICS è stato davvero un Ente di Promozione Sportiva, non il solito organismo burocratico che succhia soldi per tesseramenti inutili. E’ stato la chiave di lettura ed applicazione dei protocolli e il supporto è arrivato anche attraverso il confronto con altri organizzatori di altri sport e discipline ma anche direttamente con il dialogo e la Presidenza Nazionale e l’Onorevole Bruno Molea.
Con la sempre relativa sicurezza di avere un supporto reale, l’organizzazione è andata avanti, da maggio e con la certezza che a dicembre 2020 saremmo stati come a marzo 2020, se non peggio.
GIUGNO 2020
E a giugno inizia a tornare in gioco il buon Max, conosciuto come Motoclub Polizia di Stato, ma già dall’edizione 2020 anche membro effettivo del nostro gruppo organizzativo. Iniziamo a studiare la gestione della viabilità parcheggi, attraversamenti… davvero tanti e in un contesto complesso.
Passa così l’estate: ci sentiamo pianifichiamo, studiamo mappe. Nel frattempo, anzi, da gennaio, Roberto Vascotto (Robi), ha il coraggio di mettere le mani sul magazzino, un vero e proprio macello e uno scempio di attrezzatura più o meno inutilizzabile accumulata negli anni. Pian piano lo inizia a riordinare e mettere a posto. Diciamo in sei mesi di paziente lavoro.
Robi e Neva sono però anche dei membri fondamentali per la vita dell’Associazione e della gara e durante la gara seguono balisaggio, un ristoro e molto altro!
E mentre io e Max guardiamo incroci stradali, Robi sistema attrezzature, Giorgio traduce DPCM, il nostro Giorgio Pierobon e Adriano si divertono a “correggere”, le tracce dei percorsi… tipico messaggio in chat “Tommaso ma perché non cambiamo questo pezzo”… oppure: “Che ne dici se inseriamo questo” … E così nascono gli abominevoli percorsi di S1.
Da una mia idea iniziale, già folle, poi resa ancora più estrema dalla mano, anzi dai piedi di Giorgio e Adriano. Come dire: “sí sí, un buon inizio, ma si può fare meglio”. Si può sempre fare meglio! Poi ovviamente arriva il buon Matteo Incaudo che tra altimetrie e considerazioni tecniche dà quel ritocchino finale per rendere il tutto compatibile con gli standard di gara.
Nel frattempo, chiamo Bolzano, New Balance. Il nostro sponsor ma anche un brand in cui crediamo, con delle persone che sono diventati amici. Tagli generali delle sponsorizzazioni a tutte le gare, un periodo difficile. Ma loro decidono di credere in noi. “In un modo o nell’altro faremo” alla fine il messaggio è stato questo. E così è stato. Credetemi, avere uno sponsor che continua a credere in te in piena pandemia non è una cosa scontata, anzi, una rarità. Grazie New Balance, grazie Loredana, Marta e Fabrizio, per essere stati sempre con noi.
LUGLIO – AGOSTO 2020
In Italia i colossi cancellano. Meno sponsor e meno stranieri. Alcuni mi confidano: “cancelliamo perché abbiamo pochi stranieri” – rispondo: “allora preparati a cancellare due anni”. Le piccole gare fanno come se il COVID non esistesse. Un organizzatore risponde alla domanda: “come organizzi i ristori in monodose?” – “che ognuno si prende un piatto di pasta”. Insomma, tutto verso lo sfacelo. In Croazia si fa pubblicità che si corre senza COVID in giugno e poi in agosto il direttore di gara della 100 d’Istria cancella la gara di settembre, accusando i turisti di averli infettati.
L’Italia si divide in due: chi ignora il problema e chi ha paura di tutto e colpevolizza chiunque cerchi di fare qualcosa. Diminuiscono i moderati e si crea un clima di incertezza, estremismo e tensione. Insomma, stiamo seminando bene per la seconda e la terza ondata.
SETTEMBRE 2020
Corro l’Échappée Belle in pieno boom pandemico in Francia. Osservo molte cose e mi rendo conto i che i protocolli ITRA e degli EPS fanno acqua da tutte le parti. Insomma, sulla carta tutto è giusto ma non tengono conto della componente umana: del runner e del volontario. Sono quelle, le variabili incontrollabili. E a settembre si inizia a ragionare su un modello di gara da “zona rossa” che possa assecondare naturalmente il comportamento dei concorrenti pur garantendo sicurezza.
A settembre Avai BookSports (una piattaforma di registrazione per gare di trail) dopo averci corteggiato e promesso mari e monti, ci pianta in asso. Non sono in grado di mantenere le promesse fatte e non hanno una infrastruttura tale da gestire delle iscrizioni articolate come quelle che dovremo gestire in epoca covid. Quindi con 600 runner registrati abbiamo dovuto ricostruire da zero tutta la piattaforma di registrazione. 20 giorni di lavoro in più da mettere in conto.
OTTOBRE – DICEMBRE 2020
Mesi di pochissimo lavoro sui percorsi, ma grandissimo stress a rispondere al telefono, spiegare, argomentare e cercare di gestire un protocollo che mutava di giorno in giorno. Mesi in cui molti ci guardavano come se fossimo matti. Mesi in cui una signora di Bologna su facebook promette una causa per truffa a gennaio. Visto che “stavamo truffando le persone sfruttando gli illusi”. Mesi in cui un organizzatore di Parma mi augura di “Morire soffocato nel sangue e nel muco, solo e senza terapia intensiva. Perché sto mettendo a repentaglio la vita della gente e merito di morire”. Mesi di delirio, in cui un ente con competenze ambientali mi manda una PEC dicendo che “la manifestazione non si terrà” e chiedendo del “piano anti covid”… un ente che si occupa della salvaguardia degli uccelli mi chiede questo? Un Ottobre in cui alti dirigenti negano un permesso di uso di una strada perché a gennaio (60 giorni dopo) prevede che tutto il suo staff sarà malato. Fortunatamente non ha nevicato e non c’è stato bisogno di buttare il sale. Una atmosfera pessima, surreale, dove il caos era protagonista. Un caos che ha pervaso tutto e tutti: funzionari, utenti, tecnici che tra interpretazioni di DPCM e pressioni morali e psicologiche dei media, hanno generato il clima di piombo che tutti respiravamo. Ma anche mesi di luce, di pragmatismo: momenti i cui gli enti di riferimento, La regione FVG, i Comuni di Trieste e Duino Aurisina mi hanno incitato e promesso ogni appoggio, se ci fossero stati i presupposti legali. Ma non solo, la stessa ASUGI, nel pieno della seconda ondata, ha dimostrato sempre disponibilità e pragmatismo ne guidarci in questo percorso. Così anche PromoTurismo e Bruno Bertero, con le sue chiamate veloci, quasi sbrigative, che con il tono di chi ti liquida, riesce a dare in due parole i consigli più utili e pratici. Le classiche “preziose dritte” dell’esperto di turismo ed eventi che senza mediazioni arrivano al nocciolo del problema e danno anche la soluzione. Mesi anche di riflessione in cui, quasi fino all’ultimo, due colonne della manifestazione, il gruppo di Dolina e le Cravatte Rosse hanno dato forfait. Entrambi avevano dato disponibilità, ma poi, quando il gioco si è fatto concreto hanno avvisato che non sarebbero stati dei nostri. Non lo scrivo con polemica o critica. Lo scrivo perché loro rappresentano proprio come delle ottime persone, affidabili, volenterose, piene di entusiasmo ed energia, possano essere travolte dalla pressione e dal caos di questi momenti. Mesi in cui il terrorismo psicologico su chi non parlava e pensava solo al COVID ha raggiunto pressioni indecenti. Uno dei maggiori esponenti delle autorità territoriali mi ha letteralmente detto: “lei non sa dove vive, qui stanno morendo 50.000 persone e voi pensate alle corse” – Il mondo si deve fermare. Una frase che detta a Novembre da un funzionario in quella posizione avrebbe rappresentato per molti organizzatori una condanna a morte e l’obbligo di fermare la macchina. Io ho accelerato. Loro vogliono che si pensi solo al covid. Alla morte. Al dolore. E così gli amici di Dolina e delle Cravatte Rosse si sono fermati. Anche noi pensiamo al COVID, ma pensiamo a come sopravvivere. Non a come poter morire. Cari amici di Dolina e delle Cravatte Rosse. Ci siete mancati, ma ce la siamo cavata lo stesso. Vi aspettiamo nel 2022. Mesi in cui il supporto degli amici e della famiglia sono stati fondamentali per non farsi prendere dallo sgomento. Susanna che tutto l’anno mi ha sostenuto sotto ogni aspetto, ma anche i miei genitori, Nicola, Fulvio, Neva, Roberto, Francesco mi hanno a sostenuto nelle mie decisioni e dato consigli preziosi.
LO SPOSTAMENTO DI DATA
Una settimana dopo il previsto, abbiamo dovuto riorganizzare tutto. Una settimana di slittamento significa volontari che non possono partecipare, volontari in isolamento preventivo causa positivi in famiglia, incognite sul meteo, concorrenti che “svalvolano” lamentandosi del nostro capriccio. Si, la zona rossa è un capriccio della ASD SentieroUNO. Inutile dire che quest’anno, questi soggetti sono stati respinti: rimborsati con bonifico e lasciati a casa. Impensabile e pericoloso pensare di gestire tali atteggiamenti in una situazione di emergenza. Una decina su 1500. Ma potenzialmente catastrofici se iniziano a creare problemi nei momenti delicati dell’evento. Non hanno capito, dopo un anno, che il mondo, come lo conosciamo, è finito e pensano di venire a lamentarsi della taglia della maglietta bloccando le file o polemizzando sull’assenza di barrette vegane ai ristori. Ragazze, state a casa un altro anno e poi ne riparliamo.
IL FRASTUONO
Arriviamo quindi alla settimana della gara, con un assetto organizzativo sbilanciato all’80% sulla sicurezza e con pesanti mancanze organizzative in logistica. Si, avevamo lo schema degli anni precedenti, ma riorganizzare tutto di una settimana e adattarlo ad un cambio di meteo e all’epoca COVID non è poi così immediata come cosa. La sensazione era quella di passare dietro le quinte di un teatro e chiudere gli occhi: sento un frastuono dei macchinisti che spostano scenografie, casse che sbattono a terra, urla, ma anche il suono degli strumenti che vengono accordati, note perfette ma senza senso, attimi di melodia in un apparente caos. Potevamo sembrare allo sbando, frenesia frastuono, strumenti che suonano da soli.
IL SILENZIO
Il giorno prima della gara da 80. Scende il silenzio. Da una parte arriva la voce di Nicola che finisce di fare la spesa per la gara, Serena e Davide che raccontano dei sentieri che hanno controllato e i tratti che hanno segnato. Mio papà e mia mamma che si mettono a tagliare formaggio a cubetti. Arriva Matteo Incaudo e inizia a lavorare come se fosse sempre stato a Trieste. Arriva Matteo Scarso con il suo entusiasmo e le sue descrizioni da “Istituto Luce” che inizia a segnare i sentieri come se fosse un abitante del Carso. Arrivano Anna ed il suo gruppo. Giorgio e Adriano, che pronti per il Challenge 80+40 trovano anche il tempo per pensare al percorso. Arriva Corrado. Omar chiede gli ultimi dettagli. Carlotta e i ragazzi del 2° Piemonte Cavalleria sono sui sentieri. Insomma, immaginate di sentire questa volta gli strumenti musicali che accennano una nota, ma non più casualmente, non più come se si stessero accordando, ma già in sinfonia. Immaginate una sala di controllo dei film anni 70-80 con tutti pannelli con le lucette. Che dal buio iniziano ad accendersi. Apparentemente senza connessione, in un crescendo.
LA MUSICA
E così, con una dolce frenesia, ci siamo trasportati in un crescendo e dai preparativi siamo arrivati alla manifestazione. Ecco ora il racconto potrebbe continuare dicendo di come il nostro lavoro è stato un concerto, e come ogni strumento abbia fatto la sua parte.
Assolutamente no.
Non è andata così, perché sono state troppe le variabili che hanno cambiato le carte in tavola. Una Bora fortissima che ha demolito tutto. Gazebo e tende impossibili da montare. Freddo. Volontari persi per sospetto COVID. E così, di colpo tutte le luci si accendono, tutti gli strumenti iniziano a suonare, ma non la musica che era stata provata e messa in programma. O meglio, i runner hanno avuto quello che abbiamo promesso ed è filato tutto liscio, il concerto c’è stato, ma è come se all’ultimo momento avessimo cambiato spartito pur mantenendo inalterato il programma. E così Fabio che doveva stare solo al Magazzino ha aiutato Corrado e Savino a sistemare il portale di fine gara a prova di Bora. Impresa che ha fatto sollevare le sopracciglia anche allo scettico Rovinelli che secondo me si stava preparando un “te lo avevo detto, dovevi chiedere a me” ma poi ha fatto i suoi complimenti per un lavoro non suo. Corrado che doveva fare solo la finish line e il ristoro della 16 km ha supportato la logistica anche per gli altri ristori. I ragazzi dei Lupi (Trail degli Eroi) sono stati presenti sia al ristoro di Fernetti, in una gelida notte, che il giorno prima a preparate sacchetti per i ristori. Poi sono arrivati gli amici del WWF di Alessandro Giadrossi, del CUS, Yarina, Anna, Ester, Beatrice e dell’Esercito sono arrivati e hanno preso posizione iniziando a muoversi all’unisono con gli altri. Adriano ha fatto la notte all’Obelisco per poi dare il cambio con l’esplosiva Cinzia e con Davide. Cristiano, Andrej e Luka accogliere in posizione a Santa Croce. Neva, Roberto e i miei genitori, come se non avessero fatto abbastanza, pronti a Contovello. Nel frattempo Franko, come sempre in prima linea nel Ristoro Flinko stava iniziando ad accogliere i primi concorrenti, Devid e i ragazzi del Piemonte Cavalleria” (2°), dopo una notte di combattimento con la Bora, dando ristoro ai concorrenti della 80 km si preparavano ai concorrenti della 57. In tutto questo Max ed il suo gruppo sono stati presenti sempre, ovunque, ad ogni incrocio, ad ogni punto da presidiare. Compare Chiara. L’ultima arrivata del gruppo. Cavallerizza carsolina doc, dai modi ruvidi e dal sorriso luminoso, occhi limpidi e una schiettezza disarmante. Doveva dare una mano con i ristori leggeri: quelli di San Lorenzo, Globojner e Prepotto. Non è stato così, ha trasportato vettovaglie, trascorso notti insonni e contagiato tutti con la sua simpatia ed energia, condite anche da qualche colorita imprecazione. La notte non c’è stata per nessuno: Matteo sui sentieri e a controllare il percorso, io a recuperare le sacche, i ragazzi a seguire la logistica. Alle prime luci del giorno partono le navette per la 57,42,21 km. 31 corse in totale e una partenza sulla ciclabile Cottur organizzata dalla Trieste Atletica. Omar con la mascotte, il “Mulo”, che danno il via alla 42 km. Non siamo andati in Slovenia con la gara ma Klavdija, Renato e Stanko hanno portato la Slovenia in gara: tutti i controlli ed il monitoraggio, quest’anno erano in remoto, da Nova Gorica. Loro non erano presenti, ma erano giorno e notte con noi.
Anche lì sorrisi e allegria in una giornata gelida. Abbiamo fatto tutti il lavoro di tutti, e ci siamo aiutati in un contesto dove c’era dialogo e voglia di fare. E’ stata un lavoro non solo di sinergia tra gruppi ma anche tra associazioni di tutta la regione e dal Veneto. Il Trail degli Eroi è stato presente con un ristoro, ma anche il Borc Trail con un nutrito team, oltre a Trieste Atletica con cui ci sentiamo in famiglia. Lo sport è anche questo: collaborazione e supporto reciproco per crescere. Non è stata disorganizzazione caotica, ma naturale adattamento di un team che si adatta come un organismo unico all’ambiente che si modifica.
LA MAGIA: ESSERE QUI E’ MERAVIGLIOSO
La giornata è stata gelida. Il tempo mediamente brutto. Durante una gara su più giorni, con una logistica così articolata c’è sempre chi sta bene e chi sta male. Punti in cui c’è grande soddisfazione, ristori in cui ne abbiamo meno. Ricordate quel clima di isteria, panico, paura di fare che vi ho descritto nei mesi di ottobre? Quell’effetto domino che distruggeva tutto? Ecco, il 10 gennaio 2022 c’è stato un contagio di massa. Un contagio di entusiasmo e di vita. Percepivamo tutti la serenità e la gioia dei concorrenti, loro hanno percepito quella dello staff. Non è stata solo una giornata di gelo e nuvole ma soprattutto di sorrisi e occhi pieni di calore e gioia. Temevo che i concorrenti si lamentassero dei servizi ridotti, temevo che non rispettassero le norme anti COVID. Si sono comportati benissimo: quasi a dire: “guardate, possiamo fare le cose fatte bene”. E in questo crescendo di entusiasmo e gioia ogni momento aggiungeva energia e voglia di fare. Non abbiamo sentito la stanchezza, ci siamo aiutati gli uni con gli altri in un team affiatato. Non è stato tutto perfetto, perché per concentraci sulla sicurezza abbiamo penalizzato alcuni aspetti di comfort e servizio, ma l’atmosfera è stata magica.
Chiunque sia passato per il Bora Village quel giorno la ha percepita. Ha visto i sorrisi. Ha visto gli occhi pieni di gioia. Ha percepito il calore. Verso sera arrivano i ragazzi del Soccorso Alpino, con i volti rossi per il freddo e come ogni anno ci beviamo un vin brulè insieme, anche loro sui sentieri, con una bora che non faceva stare in piedi tanto soffiava forte hanno percepito e vissuto quell’entusiasmo. Sono loro che hanno reso sicuri i passaggi più infidi e sono loro che hanno vegliato sui concorrenti nei punti più freddi e ventosi ed è anche grazie al loro lavoro che La Corsa della Bora è una delle manifestazioni più sicure del genere. Appaiono Marco e Maurizio, che chiudono la fila come scope. Occhi lucidi dal freddo e dalla gioia. Maurizio, quest’anno ci sei mancato durante i preparativi, ma averti con noi il giorno della gara è stato un regalo bellissimo. La giornata si conclude con un saluto. Ogni anno ho cercato di organizzare una pasta ed una birra dopo la gara con i volontari, ma tutti erano così stanchi, nervosi e indaffarati che non ce la siamo mai goduta. Quest’anno, anno in cui non si è potuta organizzare, avremmo voluto essere tutti insieme a goderci la serata, con una sana stanchezza ma con tanta gioia ed entusiasmo. La prima e l’ultima parola a Gilberto, che per 24 ore non ha smesso un secondo di incitare i concorrenti, raccontare la gara e contagiare le 226.000 visualizzazioni che da casa hanno seguito questa giornata.
Non ci siamo seduti a tavola, ma ci siamo salutati contenti, con la voglia di vederci di nuovo, presto e pronti per la prossima avventura.
Non ci sono stati infortuni non ostante il tempo difficile, pochissimi ritirati, 22 su 1044 partiti, nessun concorrente si è perso. Numeri che vanno contro ogni statistica.
Come se la Bora, nella durezza e forza ci abbia protetto e dato energia.
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