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Skyrunning senza compromessi, allo stato puro: senza mediazioni, senza pietà. Benvenuti alla Els 2900

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SentieroUno nasce con l’idea di esprimere il mio pensiero riguardo alla corsa in montagna, all’escursionismo ed all’alpinismo.

Oggi però ci tengo a pubblicare questo pezzo di Nicola Bassi, che oltre ad essere un amico, è un bravissimo atleta. Nicola non è uno di quei runner forti e abituati al podio che sembrano innamorati dell’obiettivo della macchina fotografica e dei brand commerciali, si vede che ha la montagna nel sangue. Ci dialoga, la “sente” e forse questo lo rende meno incline a farsi conoscere e ad acquisire visibilità. Questa sua silenziosa modestia, tutta sostanza nessuna apparenza, me lo fanno stimare sia come atleta che, in primo luogo, come essere umano. 

Ho deciso di pubblicare questo suo racconto per tre motivi.

Il primo è che mi piace, è oggettivamente interessante, scritto in modo spontaneo e rispecchia il mio pensiero.

11219512_10208098906976922_629575245890168830_nIl secondo è che ero presente anche io, solo che per me è stata la prima gara in cui sono stato bloccato ad un cancello, per 20 minuti scarsi, a 7 km dalla fine con quasi 6 ore di tempo. Questi numeri già la dicono lunga sul terreno. Non avendola finita e rodendo per non averla finita credo che il mio punto di vista sarebbe troppo soggettivo.

Il terzo è che vorrei raccontarla da finisher, stato che in questo momento non ho.

Unica speranza è quella di esserci l’anno prossimo, sempre che mi vogliano, e poterla finire e raccontare.

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 testo di Nicola Bassi 

Els 2900 Alpine run. Questo è uno dei nuovi punti di riferimento per quanto riguarda la corsa estrema in montagna. Organizzata nel Principato di Andorra percorre 70km e 6500mD+ toccando le 7 cime più alte del paese, già questo la dice lunga. Questa prima edizione ha visto al via 50 atleti altamente competitivi e motivati, scelti dagli organizzatori fra le centinaia di Sky runner con curriculum di tutto rispetto.

Quello che crea però un abisso tra la Els 2900 e tutte le altre gare di Sky e Trail è proprio la connotazione di Alpine run. Quello che rende unica e durissima questa gara è proprio il terreno su cui si svolge. Estremamente  tecnico, roccioso, con numerosi tratti in cui è necessario aiutarsi nella progressione con l’utilizzo delle mani. Creste esposte su cui procedere in precario equilibrio. Discese ripidissime su terreno instabile e franoso. Infine, per elevare questo evento sopra ogni altro, una vera e propria ferrata e nel tratto finale la “Cresta dels Malhivernes”,cresta rocciosa appositamente attrezzata con funi per l’evento. Come se non bastasse i ristori solidi sono 3. Al 25°,42° e 55°km. Non molti se si calcola il tempo di percorrenza dei chilometri su questo genere di terreno.

Con l’amico Tommaso de Mottoni ho avuto l’onore di partecipare alla prima edizione di questo incredibile evento. Una cosa è certa, questo percorso rimarrà per sempre impresso nelle nostre menti.

Venerdì 30 ottobre ci ritroviamo ad Ordino con gli organizzatori Carles Rossell Falco e Matthieu Lefort.

Controllo generale del materiale obbligatorio, anche questo parecchio differente dalle garette nostrane, in cui viene fatta qualsiasi cosa perché noi poveri trailers accidentalmente non inciampiamo in qualche pietra cattiva messa proprio sul sentiero. Casco da roccia, imbrago e set da ferrata. Per capire lo spirito di questa corsa basta evidenziare che la pila frontale non è presente nel materiale obbligatorio, nonostante la corsa parta alle 24:00. Il certificato medico non è richiesto, e viene anche un po’ ridicolizzato.

Con una bella camminata di circa 1500mD+ il nostro felice plotone si porta al Refugi Estanys de la Pera. Il cibo è ottimo e abbondante, al contrario di quello che si si aspetta abitualmente in un rifugio. Da notare che sarà così per entrambi i pernotti nei rifugi, il tutto compreso nel costo dell’iscrizione, cosa da non sottovalutare. Il pomeriggio si cerca di riposare e la sera assistiamo tutti al briefing. Meteo perfetto. Poca neve ghiacciata lungo il percorso. Vento assente. I cancelli orari sono strettissimi, tanto da far apparire quelli delle più importanti sky-marathon come delle tranquille passeggiate di salute. I pochi che arriveranno entro le 16:30 sulla cima della Roca Entravessada avranno l’onere/onore di percorrere la Cresta del Malhivernes. Cresta rocciosa composta da denti e torri rocciose appositamente attrezzata con corde per l’occasione. Non potevamo sperare in meglio.

La partenza è in salita, il gruppo si sgrana. Dopo poco il percorso inizia subito a farci capire che questa non sarà una corsa come le altre. Una ripida discesa su un pendio sassoso decisamente instabile dà il via alle difficoltà. Il percorso si presenta subito brutale. Strappi ripidissimi con passaggi d’arrampicata si alternano a picchiate sempre su terreno infido e instabile. Un breve intermezzo lo costituisce un pianoro erboso-roccioso. Paragonato al resto del percorso è come una pista di atletica. Lo affronto con un buon passo per recuperare più tempo possibile. Il primo ristoro idrico del 10°km è costituito da una classica fontana posta fuori da una malga, un bel cartello “water” la evidenzia, perché incustodita. Dopo 3h45’ circa arrivo finalmente al primo vero ristoro, al 25°km. C’è addirittura del sushi, ma non mi fido a mangiarlo, resto sul classico. Indosso imbrago, set da ferrata. Mi avvio , mentre cerco di fissare la frontale sul casco. Da questo ristoro ci sono circa 1500mD+ prima di poter riprendere un poco il fiato sulle esposte creste sommitali.  La via ferrata che pensavamo fosse costituita da qualche banale cavo “passamano” per assicurarsi nell’attraversamento di sporadiche cengie è invece una vera propria ferrata. Delle belle file di pioli si aprono la strada verso l’alto su placche lisce e verticali. Procedo a  forza di braccia, avvolto dal buio. Ascoltando il mio respiro e osservando le luci del ristoro giù in basso, che si allontanano e rimpiccioliscono veloci. I pioli passano serpeggiando fra  discreti tetti fino a portarmi a compiere dei notevoli traversi completamente nel vuoto.  Finita la ferrata abbandono il casco ad un controllo, l’imbrago e il set da ferrata è invece obbligatorio portarli nello zaino, per affrontare in sicurezza l’ultima cresta. Procedo nella notte.

L’alba coglie me e un altro concorrente con cui sto battagliando dall’inizio della corsa su esposte creste di rocce rotte. Procediamo comunque abbastanza spediti. Quando giungiamo ad una ripida discesa ci si presenta un altro ostacolo. La neve seppur scarsa è completamente ghiacciata. Praticamente vetrato. Il percorso diventa infido e viscido. Paradossalmente il sentiero ben visibile è il posto meno sicuro dove camminare, dato che il ghiaccio vi si è formato più abbondante. Avanziamo lentamente per ripidissime pietraie, avanzando in discesa molto più lentamente rispetto alla salita. Bella beffa. Devo riconoscere che come in nessun altra gara mi sono ritrovato ad ammettere che uno scivolone inopportuno su quel pendio ghiacciato avrebbe comportato conseguenze molto gravi. Procedo con parecchia attenzione, anche se noto che su questi tratti guadagno parecchio terreno sull’altro concorrente, un ragazzo inglese. Riusciamo a passare questi difficili pendii ghiacciati ,ma inizio ad accusare un po’ la stanchezza , dovuta in parte alla fame. Finalmente arrivo al ristoro de Sorteny, 42km in 8h54’. Mi fiondo sul sushi e in pochi minuti mi sbrano mezzo tonno con una “cariolata” di riso, panini, banane, mangio tutto e succeda quello che deve succedere. Il prossimo ristoro è al 55°km, e prevedo di arrivarci entro tre ore.

Riparto abbastanza piano, visto il cibo ingurgitato, mi gestisco e cerco di recuperare. Ho un paio di concorrenti a vista davanti a me, da cui mi faccio un po’ “tirare” cercando di non perdere troppo terreno. Saliamo per un ripido canalone erboso con l’aiuto di due corde fisse. Un altro canale ripido di sfasciumi per poi buttarsi sull’ennesima crets esposta e affilata. Le difficoltà del percorso si alternano, fra creste, pietraie , strappi e picchiate, ma non mollano veramente mai. L’attenzione richiesta è sempre massima. Dopo la discesa su un ripido e franoso pendio terroso e un tratto corribile che mi lascia quasi stupito arrivo finalmente al Km 55. La Coma d’Arcalis in 12h22’. Da qui mancano circa 15km. Qualcuno potrà obiettare che 15km non sono poi tanti….vi posso garantire che questi in particolare valgono veramente doppio. Li percorrerò in circa5h30’. Riparto di slancio dopo aver passato per l’ennesima volta Esmond,  il ragazzo Inglese con cui sto battagliando dal via. La salita si fa dura. 

Aggancio un catalano in quinta posizione ma dopo l’arrivo al passo un indecisione di percorso ci fa raggruppare tutti. Il percorso è balisato benissimo, ma si sa ,la stanchezza fa brutti scherzi. Abbiamo da affrontare ancora due ripide discese seguite da due lunghe salite. Il basco resta indietro. Io procedo con l’amico Esmond, lui tirando le salite e io le discese. Ognuno dei due cerca di far valere i propri punti di forza e farsi tirare dall’altro per migliorare il proprio lato debole. Arrivo veramente provato alla Collada dels Fercats. L’inglese mi stacca salendo alla cima del Medacorba, sembra avere veramente un altro passo. Resto indietro, ma poi lo recupero prima di affrontare la salita alla Roca Entravesada. Ci supera al doppio della velocità un ragazzo francese lo lasciamo tranquillamente andare, ne ha decisamente di più. Poco da fare, onore al merito. Salgo meglio che posso, cioè come posso. Stringo i denti. Esmond a cui ho preso circa 10-15’ viene raggiunto da un altro concorrente catalano. Il terreno si fa ghiacciato, infido ed esposto. Recupero qualche minuto sugli inseguitori, che rallentano. Alle 16:00 raggiungo la cima della Roca Entravessada. Per soli 30’ sono dentro il cancello orario che mi permetterà di percorrere la Cresta del Malhivernes, non faccio salti di gioia.

Calzo l’imbrago e inizio la cresta. Il terreno si fa subito difficile e particolarmente esposto. La cresta costituita da denti e piccole torri è stata attrezzata appositamente con corde fisse da usare come dei corrimano per attraversare orizzontalmente questi passaggi. Il terreno non è solidissimo, e nonostante l’efficace lavoro di pulizia fatto dagli organizzatori le rocce e gli appoggi instabili sono molti. Procedo a un buon ritmo, ma non voglio forzare l’andatura. Sono stanco e anche se sono agganciato con il set da ferrata non ho voglia di subire una brutta caduta. Sfinito arrivo alla fine delle difficoltà. Tolgo set e imbrago senza fretta, anche se poi vedendo le foto all’arrivo degli altri concorrenti devo ammettere sarebbe stato molto più figo arrivare indossando l’imbrago.

Traendo qualche piccola conclusione direi sicuramente che è stata una gara unica . Per durezza ,esposizione e tecnicità del percorso. Unica soprattutto per l’impegno psicologico e la concentrazione richiesta. Insomma, non per un Dio, ma nemmeno per gioco. Viene da pensare che il nostro terreno alpino offrirebbe dei percorsi altrettanto belli e spettacolari se la comune ossessione per la sicurezza forzata non esasperasse gli organizzatori. Ma forse questo è solo un riscontro di quello che vuole la massa dei trailers. Quanti da noi si confronterebbero seriamente con i rischi e la durezza di un percorso simile? Intendo andandoci a correre sopra, e non discutendone davanti ad una birra seduti al bar. Oppure meglio ancora criticando e denigrando in ogni modo possibile il povero organizzatore di turno, semplicemente perché non sono stati all’altezza del gioco.

Una gara senza eguali. Dove come si suol dire il gioco si alza di livello. Il rischio c’è, inutile negarlo. Come è sempre presente in montagna, dove un senso di falsa sicurezza può causare più incidenti di una reale percezione del rischio. Per chi voglia misurarsi con i propri limiti, soprattutto psicologici la Els2900 è la gara giusta. Per chi vuole affrontare un evento in cui giungere alla fine entro il tempo massimo è realmente una grossa avventura. In sintesi “ Only the brave”.

CONSIGLI PER CHI CI STA PENSANDO

Qualche piccolo consiglio. Su come prepararsi fisicamente non metto il naso. Il web pullula di preparatori e persone ben più qualificate o perlomeno che presumono di esserlo.

Il percorso è composto da strappi e picchiate brutali, con un fortissimo dislivello su terreno particolarmente instabile e roccioso.

I cancelli sono veramente strettissimi. Questo è quanto.  Per quanto riguarda l’aspetto più alpinistico e come affrontare la tecnicità di questo percorso  qualche  buono consiglio posso darlo .

  1. Le difficoltà vere sono di stampo più alpinistico, più per “gente di montagna”.
  2. Scordatevi qualsiasi andatura media e calcolo dei tempi di percorrenza negli altri trail a cui avete partecipato.
  3. Percorrete molti sentieri alpinistici, ferrate, facili ascensioni.
  4. Se volete cimentatevi con le sky nostrane, poi moltiplicate la tecnicità per due e avrete una vaga  idea di cosa incontrerete.
  5. I pochi trekking selvaggi e sconosciuti potrebbero aiutare. Tenete presente che in questa prima edizioni le condizioni erano molto buone, con pochissimo ghiaccio, che comunque ha creato molte difficoltà. Il meteo non era particolarmente rigido e nonostante questo la notte si girava in prossimità dello zero. In caso di vento la temperatura percepita sarebbe stata decisamente fredda.
  6. Lo zaino va quindi ben rifornito di materiale adeguato. L’organizzazione non ha ritenuto necessario rendere obbligatorio nulla (tantomeno la pila frontale). Sempre gli organizzatori hanno  tenuto a precisare che pur rispettando molto un approccio leggero e veloce le problematiche date da un materiale non adeguato sarebbero stati problemi nostri.

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