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Com’è partecipare a una gara di trail running in era Covid?

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Cosa significa organizzare una gara di trail e cosa significa partecipare ad una gara “a norma”?

Ma soprattutto, perché tante gare vengono annullate?

Partiamo subito con quello che farà inferocire molti organizzatori, ma va detto: da luglio a settembre 2020 le gare di trail e di corsa si possono organizzare. Vengono annullate non perché la legge non consenta di tenerle, ma perché il lavoro per metterle in piedi è per molti troppo oneroso e rischia di generare troppo poco profitto.

Detto questo mettiamoci l’animo in pace: nella stragrande maggioranza dei casi non stiamo gareggiando non per colpa del Covid o del “Governo ladro”, ma perché è troppo difficile o non conveniente organizzare.

Per carità, non vedetela come un’accusa. La mia è una constatazione. Spezzando una lancia a favore di chi prende questa decisione, devo dire che le responsabilità, i costi ed i rischi sono alti per l’organizzatore e quindi è comprensibile che i meno “scafati” si tirino indietro visto che il gioco non vale mai la candela. Dall’altro lato un grandissimo invito a premiare quelli che ci provano: ricordatevi di loro e sceglieteli anche dopo il COVID: chi organizza ora non lo fa per profitto ma per vera passione.

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In questo quadro generale, dove alla fine si può fare tutto ma non è facile fare nulla, si arriva al dover applicare la normativa nazionale e regionale al contesto della manifestazione sportiva.

Per fare questo ci vengono in aiuto le federazioni: FIDAL da delle linee guida per la corsa in Italia e l’associazione ITRA prova a delineare uno standard a livello mondiale.

Non è mio interesse discutere ora punto per punto i 3 pilastri su cui si deve basare questo delicato edificio: la legge, le indicazioni della federazione e/o quelle delle associazioni di riferimento.

 

Faccio solo una considerazione su quello che è vincolante e quello che non lo è.

 

 

ITRA: le indicazioni di ITRA non sono vincolanti. ITRA parla molto ma non prende alcun tipo di posizione sull’operato degli organizzatori. Anzi, se ne lava le mani in maniera plateale. ITRA ci dice cosa sarebbe giusto fare per loro, ci dice di adattarlo alla normativa, e se una gara ITRA se ne frega, anzi, si comporta in modo dannoso per la salute pubblica, non prende posizione nemmeno dopo una denuncia. Parlo per un fatto recentemente accaduto. Quindi non quello che dice ITRA va preso come un morbido consiglio per gli organizzatori ed i runner non devono assolutamente sentirsi tutelati dal fatto che partecipano ad una gara ITRA. No, perché nessuno li sta tutelando. Per chi volesse, i protocolli sono disponibili in tutte le lingue, tranne l’Italiano, ovviamente a questo link. 

Se da un lato ITRA non da nessuna tutela, c’è da dire che da quest’anno ha iniziato ad offrire gratuitamente il servizio di organizzazione in waves dei runner in ordine di performance index. Servizio che prima veniva dato a pagamento a caro prezzo e che ora, per il momento è gratis. Molte gare, come La Corsa della Bora, non potendo accedere al servizio ordinavano manualmente i runner. In questo senso c’è da dire che ITRA ha fatto un grande passo avanti per agevolare gli organizzatori. MA ripeto: supporto non significa garanzia.
Mi ripeto, rivolgendomi ai runner, non sentitevi tutelati nel partecipare alle gare ITRA. ITRA da servizi, non garantisce standard. 

 

 

FIDAL: Premesso che le gare trail FIDAL sono poche, e non sta scritto da nessuna parte che per organizzare un trail si debba usare il protocollo FIDAL, vero anche però che al contrario di quanto avviene con ITRA, se una gara è FIDAL, la federazione richiede e vigila sull’applicazione degli standard. In questo caso quindi il concorrente può sentirsi più tutelato rispetto ad una gara ITRA. Detto questo è necessario dire che i protocolli anti-covid FIDAL sono davvero restrittivi e poco applicabili, soprattutto sui trail lunghi: bottiglie e cibo mono-dose sigillato a tutti i ristori, partenze a cronometro e non a wave, e altro ancora.

LA LEGGE: quello che veramente ci vincola sono le ordinanze nazionali, regionali e comunali. Quindi alla fine della fiera l’organizzatore deve seguire quelle indicazioni. Il resto si può discutere. Per farla semplice, ad oggi si possono organizzare gare purché non si creino assembramenti, si rispettino le distanze e si porti la mascherina in luoghi non isolati. Si possono fare i ristori seguendo le stesse norme igieniche dei ristoranti e usare gli spogliatoi con le stesse norme delle palestre. Alla fine dei giochi la storia è solo questa.

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Avvicinamento all’area di partenza: distanziamento segnato a terra con gesso

Veniamo ora alla mia esperienza, l’ Echappée Belle. Ho partecipato all’ultima gara internazionale pre covid (Trans Gran Canaria) e mi trovo alla prima grossa, o quasi, in era COVID.

Gli organizzatori hanno applicato alla lettera i consigli di ITRA, e il risultato è stato discreto. Anche qui, ha poco senso descrivere quello che si trova, per saperlo basta leggere le indicazioni che da ITRA. Mi soffermo piuttosto sulle problematiche che possono emergere con questo nuovo sistema.

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Le misure Anti-COVID

Consegna pettorali: su appuntamento e scaglionata. Un ottimo sistema che alla Corsa della Bora usiamo già da 3 anni. Riduce le code, aumenta l’efficienza ma sicuramente penalizza l’area expo. In generale è un sistema che funziona bene e non crea disagi.

Partenza a wave:  anche qui alla Corsa della Bora siamo abituati a farlo da anni. Il lato negativo è che anche nelle gare grandi si ha un’area di partenza piuttosto sgombra e deprimente, meno festosa. Il buono è che si evitano tappi e rallentamenti, quindi, a mio avviso, sarebbe un sistema da mantenere. Nel caso specifico dell’ Echappée Belle le wave sono state fatte “ad cazzum” ovvero casualmente, creando poi sovrapposizioni. Una buona pratica è ordinare i concorrenti per performance index, in modo da far si che il distanziamento si mantenga. Il nuovo servizio di ITRA sicuramente aiuterà moltissimo in questo senso. Brava ITRA, era ora!

Sanificazione: all’ingresso di ogni ristoro una persona porge il gel sanificante e fa indossare la mascherina. Ottima cosa, da mantenere anche post covid – non la mascherina. Sicuramente migliora le condizioni igieniche generali. Due punti da tenere in considerazione: serve un gel poco denso, che si asciughi in fretta e soprattutto avrebbe senso dare una spruzzata anche ai bastoni. Le impugnature sono infatti sempre zozze e ha poco senso sanificarsi le mani per poi prendere i bastoncini sporchi. Idem per le borracce estraibili: andrebbero usate solo borracce che non richiedono di essere maneggiate in gara (flask, camel) in modo da evitare di avere superfici sporche e che vanifichino immediatamente la sanificazione delle mani.

Mascherina: in Francia non accettano il buff. La mascherina è davvero scomoda. Va indossata in corsa entrando e levata una volta fuori dal ristoro o dall’area di consumo. Mani impegnate, tasche dello zaino, fiatone rendono la convivenza davvero difficile. Un buff portato al collo e tirato sopra il naso è una soluzione indubbiamente migliore e alla fine più efficace non perché filtri meglio, ma perché è più realistico che venga rispettata. Molto scomodo anche il caricarsi di cibo e acqua senza poterlo consumare dove viene servito e rimanere con la mascherina nella fase di servizio.

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Runner inconsapevole? Distratto? o indisciplinato? Si beve e mangia solo nell’area dedicata.

Liquidi e solidi: qui viene il gran problema. Con il sistema attuale si mangia e si beve molto meno, poco o nulla. Partiamo dal bere: bottiglia individuale fornita dall’organizzazione. In questo caso i costi sono alti e lo spreco enorme. Quindi il riempimento di ecotazza e borracce da parte del volontario è la soluzione più praticabile. Il problema sta nel fatto che non si può consumare dove si riceve, quindi con un bicchiere pieno in mano, con le borracce piene, con la mani piene e un piatto o saccetto di cibo e la mascherina addosso (metà della roba cade), si raggiunge l’area ristoro. Qui si toglie la mascherina e si mangia. Se si vuole un altro bicchiere? Si fa tutto il giro uscendo e rientrando e rispettando il senso unico. Idem se si vuole altro cibo. Quindi per fare il giro una volta o si beve solo un bicchiere, o si consuma dalle borracce appena riempite. Poco davvero per le gare lunghe estive. Lo stesso dicasi per i solidi: il concorrente sceglie, il volontario riempie un sacchetto o piattino, e poi via fuori ristoro a mangiare. La gestione è quindi molto più complessa per i concorrenti. Io mi sono trovato in crisi per aver mangiato e bevuto poco, svogliato anche dal dover fare questa giostra.

La soluzione quindi è fare più affidamento su quello che ci si porta dietro. Farsi riempire bene il sacchetto e portarselo fuori e mangiare strada facendo. Idem per il bere.

A questo si aggiunge il fatto che all’ Echappée Belle i volontari servivano con le mani. Da protocollo. Si, saranno anche sanificate, ma non è igienico. Anche perché ho visto più volte volontari ravanare la mascherina o le casse delle bibite posate per terra e poi mettere le manine sante nei vassoi e servire i concorrenti. Non in un ristoro. In tutti.

Altro controsenso sono i volontari che non consentono di toccare nemmeno i dispenser: qui il problema non lo vedo proprio. Rischi non ce ne sono. Non vogliono che si tocchino le taniche, versano loro le bevande. Bellissima la scena delle vecchiette tremolanti o dei ragazzini inesperti che per aiutarsi a versare appoggiano il collo della bottiglia di tutti al collo della borraccia da cui si beve. Si noti poi che con le stesse mani con cui prendono in mano le borracce poi prendono in mano il cibo che servono. Quindi doppia contaminazione assicurata.

In definitiva, pur avendo applicato i consigli ITRA, di fatto hanno creato una situazione dove la possibilità di contagio è ancora superiore rispetto al ristoro tradizionale.

La procedura corretta dovrebbe essere:

 

  •  Tutto il liquido da dispenser che possono essere toccati ma vigilati che i concorrenti non appoggino il bordo della borraccia al becco, con sanificazione regolare della valvola.
  • Tutto il solido fornito in sacchetti e servito con pinza o a mano con guanti cambiati ogni volta che si tocca qualcosa di diverso dal cibo.

 

Riposo e cambi: le zone riposo e cambio sono quasi inesistenti. Spesso all’aperto, inospitali e con poco spazio agibile. Oppure, quelle non sorvegliate, semplicemente piene e con la promiscuità pre covid che tutti conosciamo. Questo è il punto su cui gli organizzatori dell’ Echappée Belle non hanno fatto quasi nulla, ovvero hanno lasciato che la gente facesse quello che voleva. Ma come biasimarli? Su una gara da 150 km e 12,000 D+ non si possono fare pressioni anche su questi aspetti. Io ho risolto il problema cambiandomi in fretta, riposando sul percorso e stando il meno possibile alle basi vita. Il tempo però era ottimo.

 

Cosa sarebbe successo in caso di mal tempo? Inevitabile il contatto fisico strettissimo tra i concorrenti.

 

 

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In definitiva questa situazione porta di buono una maggior igiene in generale, cosa da mantenere anche per il futuro. Da applicare in modo reale e non proforma. Una spruzzata di gel fa contenta la legge ma non serve a nulla. Un volontario con un piccolo nebulizzatore di acqua e alcool che spruzza mani e bastoni è una soluzione più economica e davvero funzionale. Il consiglio che do a chi correrà e di caricarsi più possibile al primo giro di ristoro, magari usando una borraccia extra e uscendo dal ristoro con il cibo. E’ bene informarsi se la gara usa sacchetti o piattini. I piattini sono ingestibili: si mette poca roba e cade subito. Una buona soluzione è usare un sacchetto personale e farsi riempire quello.

Dulcis in fundo: arrivo e suono della campana sulla finish line. Toccata da tutti i concorrenti a fine gara. Della serie: se arrivi alla fine sei sano, e se devi prenderti il COVID almeno lo prendi mentre fai la foto ricordo. Sicuramente è un premio finisher inusuale e molto attuale.

In generale va apprezzato l’enorme sforzo che chi organizza una gara sta facendo: stiamo navigando in acque inesplorate, stiamo gestendo situazioni nuove e onerose, quindi è bene che i concorrenti siano più tolleranti del solito e si impegnino per non creare problemi ed agire con buon senso. Altra cosa importante è non pretendere tutti i servizi di sempre. Organizzare non è mai facile, ora lo è ancor meno e di questi tempi dobbiamo adattarci a soluzioni meno comode e più essenziali.

Non è andato tutto bene e non è detto che vada tutto meglio. Mettiamocela tutta per far andare bene le cose o almeno farle andare “meno peggio”

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