11 Lug Gran Trail Courmayeur: le tre anime delle gare attorno al Gigante Bianco
Ogni esperienza è un qualcosa di unico ed irripetibile e recensire una gara significa descrivere una prospettiva di quella realtà. La sfida è farlo riuscendo a trasmettere il proprio vissuto, senza però fare di questo resoconto un qualcosa di troppo personale, che alla fine, oltre al piacere della lettura, non lascerebbe nulla di pratico per chi legge.
Se parliamo del Grand Trail di Courmayeur (GTC) l’impresa è ancora più ardua, perché questa gara assume un significato completamente diverso per tre categorie differenti di concorrenti.
Proverò quindi a rivivere quei sentieri cercando di descrivere le tre diverse visuali.
Sebbene la gara proponga una versione da 30, una da 75 e una da 105 km, le sensazioni ed i percorsi esprimono lo stesso spirito e tutti e tre hanno piena dignità, non rappresentando un allungamento o una versione snaturata tanto per aggiungere una distanza ad un’offerta commerciale.
Che scegliate la 75, la 105 o la 30 avrete troverete un percorso completo, che vale sia la fatica che il viaggio.
I tre percorsi si possono riassumere come 75 chilometri che rappresentano il percorso di lunghezza media e sono il cuore della gara, ai quali si aggiungono 30 chilometri che costituiscono gli ultimi chilometri della 105 e l’anello dei 30. Unico rovescio della medaglia di questa soluzione è che i concorrenti della 105 si trovano a passare da Courmayeur due volte agognando e vedendo la finish line, quando mancano gli ultimi 30 km. Insomma un’ulteriore prova di resistenza psicologica, che ha fatto cedere molti concorrenti della 105, i quali trovandosi all’arrivo in piena notte, non hanno avuto la forza di ripartire per gli ultimi 30.
Come dicevo tre percorsi con un’anima unica, un’anima con però tre espressioni diverse per tre categorie di corridore.
La prima, di chi ha vissuto il Tor des Geants, la Petite Trotte a Leon e l’UTMB. La seconda, di chi affronterà una di queste gare, le vuole scoprire in anticipo; e la terza, di di chi guardandole come distanze irraggiungibili, ne vuole assaporare almeno un pezzetto.
E’ impossibile affrontare il Grand Trail di Courmayeur senza guardare al Tor o PTL e UTMB, il legame con queste gare è genetico e non è rappresentato solo da molte sezioni di percorso in comune, ma anche dagli stessi ristori e volontari.
Non fraintendetemi: il GTC non è assolutamente una versione light o una replica povera delle gare lunghe attorno al Monte Bianco. Questo è il suo punto di forza, la sua unicità e la cosa che me lo ha fatto amare. Il Grand Trail di Courmayeur ha una sua identità fortissima che si esprime appunto su tre volti distinti.
Per chi ha corso l’UTMB, la PTL o il Tor des Geants non è assolutamente una replica, una minestra riscaldata. Io mi sono trovato a ripercorrere in senso inverso tratti di due PTL distinte ed un Tor des Geants, riconoscendo passo dopo passo i luoghi e rivivendo le sensazioni degli anni passati. Man mano che correvo, i ricordi riaffioravano, le immagini impresse nella mia mente hanno preso nuova forza e si sono dipinte di nuovi colori: quelli del giorno quando mi sono trovato in punti affrontati di notte e quelli della notte quando ho passato sentieri che avevo già vissuto di giorno.
Ecco l’unicità di questa gara: unire un senso di familiarità a quello della scoperta. Un ossimoro del trail running: riscoprire quello che già si conosce. Ma non solo, rivivere e dare un nuovo significato ai propri ricordi.
Per chi si allena e affaccia al Tor des Geants, la Petite Trotte a Leon o l’Ultra Trail du Mont Blanc è un’ottima occasione per rendersi conto dei dislivelli, della tipologia del terreno e della calorosa ospitalità ai ristori. E’ una sorta di “Open Day” dell’Università del Monte Bianco che però non deve ingannare e dare troppa sicurezza: portare a casa la 105 o la 75 del GTC non significa assolutamente essere vaccinati alle lunghe della zona. Significa averne assaggiato il sapore che dopo i primi bocconi, affrontando le gare più lunghe muterà di sapore per le tante ore in più di sforzo, per la diversa stagione e per lo sforzo fisico maggiore che alla fine trasformerà queste esperienze in qualcosa di completamente nuovo.
Per chi invece non affronterà mai (mai dire mai) l’UTMB, la PTL o il Tor des Geants, il Grand Trail di Courmayeur rappresenta un bellissimo viaggio che tocca alcuni dei punti più suggestivi di questi percorsi. Uno spaccato che ne descrive la bellezza dal punto di vista estetico, con uno spirito che però non è quello delle gare lunghe. Si sa, l’appetito vien mangiando…
Ottimi i ristori, tranne qualche trascurabile débâcle, organizzazione ed accoglienza in pieno stile Tor des Genats: ristori ricchi e dove servono. Fantastica come sempre la presenza di formaggi locali, salumi e anguria fresca, che è stata fondamentale per reidratare nelle ore più calde. Da notare anche l’uso di traker satellitari come al Tor e alla PTL, cosa che fa molto piacere non solo per la sicurezza e per chi vuole seguire la gara in real time da casa, ma anche perché dimostra che la brutta esperienza della disputa TOR / 4K ha portato ad una crescita e ad un miglioramento a favore di chi corre. Una prova di umiltà da parte di VdA Trailers, che sebbene siano usciti “vincitori” (anche se in realtà sono ci hanno rimesso tutti) dalla guerra con la Regione, hanno saputo fare loro proprio quelle richieste di sicurezza che avevano rigettato con forza l’anno scorso. Meglio tardi che mai.
Tre consigli ai concorrenti per affrontare al meglio questo viaggio:
- Salvate energia fino alla Thuile, km 32. Questi chilometri sono relativamente scorrevoli ed invogliano a correre più veloce del dovuto. La Thule però è il punto più caldo della gara e poi segue una lunga risalita e tratto in quota. L’abbinata della risalita con le ore più calde della giornata e le altitudini attorno ai 2500 metri sono causa di KO per chi non ha gestito bene la prima parte di gara.
- Caricate acqua e mangiate bene alYoulaz, km 38 perché fino all’Elisabetta, km 60 c’è acqua solo al Mont Fortin e questo è il tratto più impegnativo della gara.
- Fermatevi il meno possibile al ristoro del 75 km, I 30 chilometri finali non sono particolarmente impegnativi. Una salita morbida e piacevole fino al Bertone con 800 D+ ed il resto molto scorrevole. Unica nota di attenzione la discesa dal Malatrà – Giuè che chi ha fatto la PTL nel 2015 ha avuto il piacere di affrontare in salita. Scendendo pensate a chi ha dovuto salire quel sentiero dopo giorni di fatica.
Due piccoli suggerimenti agli organizzatori per il 2018:
- – Brodo caldo al ristoro del 75 km, chi arrivava qui in piena notte trovava solo pasta.
- – Una medaglia o pensierino per i finisher. Detto da me che non sono attaccato al pacco gara ed ai feticci. Posso soprassedere sulla Tshirt da due lire in pacco gara e alla fascia elastica da 90 centesimi data all’arrivo. Una gara così bella ed una fatica così intensa meritano di avere un ricordo da portare a casa. Una medaglia o un oggetto che non sia del tessuto sintetico di terz’ordine pieno di loghi e che presto finirà nel fondo di un cassetto. Quasi un insulto a tutto il lavoro per mettere in piedi una gara come questa, alla bellezza di questi monti ed alla fatica dei concorrenti. Suvvia, Madame Le President, rinunci a due euro a concorrente di profitto e ci conceda un bel ricordo.
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