Se dovessi tracciarne un sunto su Fessipedia, lo definirei così: spavaldo, forte della sua esperienza specifica, come aver fatto la MDS o 1200 km in Alaska, ha la presunzione di applicarla a ambienti e condizioni completamente diversi con saccenza e presunzione.
Il Guru del Trail
La chiamata che porta le persone a darsi al trail è uno di quei misteri che forse non avranno mai una risposta definitiva e tombale, come ad esempio il percorso artistico di Miriam Leone o il numero di interventi estetici mal riusciti di Flavio Briatore: c’è chi forte dei risultati delle proprie maratone da 2 ore e quindici, lo vede come un upgrade o chi dopo 30 anni di sci alpinismo ha capito che non occorre aspettare la neve per avere soddisfazioni da un percorso lungo e tortuoso. I più temerari? Quelli che nel curriculum annoverano spedizioni a piedi sull’Himalaya o solitarie nei deserti. E poi ci sono quelli che passo dopo passo, da camminatori della domenica, aumentano velocità e resistenza fino a rendersi conto che stanno correndo. Ecco il mio caso. Insomma, persone diverse accomunate magari da forti esperienze specifiche nello sport da appassionati o a un vissuto come atleti. E fin qua, gli ingredienti ci sono tutti.
Faccio fatica a collocare quella che è la nuova figura che si è insinuata man mano negli hashtag, con una strategia che ha del diabolico e un percorso più simile a quello di Raffaello Tonon che di Dezan, per intenderci: commentatore prima, provocatore poi, consigliere che strizza l’occhio agli sponsor come passe-partout e, infine, GURU.
Se dovessi tracciarne un sunto su Fessipedia, lo definirei così: spavaldo, forte della sua esperienza specifica, come aver fatto la MDS o 1200 km in Alaska, ha la presunzione di applicarla a ambienti e condizioni completamente diversi con saccenza e presunzione.
Solo il guru pensa di essere unico, ma in realtà ne esistono esempi patetici in ogni contesto: dal più figo della classe (istruito ma non colto), a quello che ha portato a termine un’impresa epica in terre esotiche e lontane, ai Matteo Renzi della situazione, che qualsiasi cosa annuncino, compresa l’inaugurazione della nuova segnaletica per i bagni pubblici, lo fanno come se stessero per rivelare il quarto segreto di Fatima.
Quando è il guru a tracciare il sentiero... ... anche le frecce indicano la direzione opposta (Altavia Camaiorese)
Il mio consiglio: diffidate dei GURU. Ancor di più dai guru del trail. Imparate a riconoscerli, e poi ignorateli. Sfotterli è una battaglia persa: da un prelievo del loro ego si possono estrarre aminoacidi ramificati dall’età della pietra al codice fiscale di Pippo Baudo, uno il cui desiderio di ritirarsi dietro le scene è pari a quello di incontrare uno sciame di moscerini quando si esce in bicicletta con la camicia bianca. Ignorateli e basta, una volta identificati, perché al netto della loro preparazione su un campo o in una situazione specifica (che io personalmente leggo al pari di una forma di autismo), tanto non si pongono minimamente a confronto con la teoria della relatività che nel caso del Trail è quanto meno un punto di partenza.
Conoscere l’Alaska non deve dare sicurezza sulle Alpi, come aver dimestichezza del Marocco non assicura la vittoria sulle pietre Pordenonesi. Avere esperienza nel Trail significa principalmente essere coscienti che ogni gara e ogni sentiero richiedono una conoscenza specifica. Anche la stessa gara con condizioni atmosferiche diverse. Il vero guru è quindi quello che ascolta e fa tesoro delle esperienze non del top runner, ma dell’abitante della zona. Quello che, magari corre piano, ma conosce il terreno.
Personalmente a uno scatto fotografico posizionante con un opinion leader che si pone come la Mamma Ebe del Trail, preferisco tarallucci e vino con l’anziano del paese: l’esperienza insegna che tutti i santoni finiscono per portare gli adepti ad una brutta fine.
[sc:st]
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