23 Lug Andorra Ultra Trail: posti fantastici per runner masochisti.
L’Andorra Ultra Trail è indubbiamente il maggior evento di Trail running dei Pirenei, ed uno di principali della Spagna, Portogallo ed Andorra. Si parla Catalano o Francese.
L’inglese è quasi sconosciuto. Spagnolo e Portoghese sono accettati.
Questo evento si distacca nettamente dal resto del panorama delle gare a cui siamo abituati in Europa. Loro fanno a modo loro, hanno le loro idee, il loro concetto di corsa e lo portano avanti, fregandosene altamente di quello che spesso per gli organizzatori è fondamentale. Non danno punti ITRA ed UTMB: non appartengono al carrozzone delle gare di Chamonix e se ne fanno un vanto.
Chiacchierando con l’organizzatrice dopo la gara dico: “sai, ho come l’impressione che la maggior parte delle persone che si sono iscritte a questa gara non avessero idea di quello che si sarebbero trovati a fare” – e lei mi risponde: “è proprio così!”. Tantissimi iscritti, pochi Finisher.
Correndo supero tre amici italiani che hanno già partecipato alla Ronda de Cims. Non sono nemmeno a metà gara e tutti e tre, superandoli tra il 50 ed il 73 mi dicono la stessa cosa: “appena posso mi fermo perché so cosa mi aspetterebbe continuando”. A tutti rispondo: ”sono cotto anche io, ma non sapendo cosa mi aspetta, proseguo”. Beata ignoranza.
I profili Altimetrici ed i volontari sul percorso hanno un concetto di dislivello tutto loro: per loro dislivello significa “ascesa più lunga”. Quindi se guardate il profilo che fornisce l’organizzazione o chiedete ad un volontario la salita totale al prossimo ristoro vi dirà la salita più lunga e non il totale dei metri di ascesa. Un esempio per tutti è l’ultimo colle: 400 metri dicono i volontari, una puntina minuscola sul profilo. Invece no, si sale, poi si scende e si risale ancora di 200 metri, quindi 400 diventano 600. Moltiplicate questo per 173 km ed un profilo che sembra relativamente innocuo diventa una bestia da 13500 km, dove ogni volta che si pensa di esser in cima si scopre di aver ancora da salire. Mentalmente e fisicamente estenuante.
Le gare sono per tutti i gusti: 43 km, 83 km, 112 km, 173 km e 233 km, l’evento di punta però è la 173 km con 13500 D+, la Ronda de Cims. È la distanza madre, perché di fatto fa il giro completo del Principato d’Andorra percorrendolo lungo i suoi confini e toccando le cime più importanti. La distanza da 233 km e 20.000 D+, che chiamano sarcasticamente “Euforia”, estende ulteriormente la Ronda ma è l’unica che prevede una partecipazione a squadre e navigazione GPS. Le distanze da 112, 83 e 43 km regalano degli assaggi di Ronda con un design del percorso di tutto rispetto che ne fanno gare complete e con una identità forte e non certo delle versioni ridotte e snaturate della gara “madre”. Io scelgo di solito sempre la distanza maggiore. Dico “se devo fare tanta strada, fammi almeno fare la gara più lunga”. In questo caso la penso diversamente, e vi dico il motivo. Partiamo dal presupposto che escludo da questo ragionamento Euforia, perché non è paragonabile alle altre in quanto con navigazione GPS ed in team, e quindi assimilabile al mondo dei Grand Randonnée in senso stretto.
Anche la Ronda de Cims riprende anche il concetto del Grand Randonnée, ma è segnata benissimo e si corre anche in individuale. Inoltre, i cancelli sono molto larghi, consentendo di finirla in circa 60 ore in pieno stile GR.
Insomma, una 173 km che è un ibrido tra un GR ed una 100 miglia tecnica. Ma non solo: se spesso i GR sono caratterizzati dalla lunga percorrenza seguendo le valli, qui si inserisce anche una componente tecnica più comune alle Sky ed alle distanze brevi e non certo escursionistica. Potreste pensare che questo faccia della Ronda de Cims una gara “completa”.
Secondo me non è completa, ma è la gara del “tutto”.
Il che è ben differente. Pensate alla pizza. Mettete su una pizza tutti gli ingredienti del menù. Potete definirla completa? Io no di certo. Potrebbe diventare anche stomachevole, un’orgia di sapori per bulimici o una sfida masochistica contro il vomito da sovralimentazione. Questa è la Ronda de Cims. Quindi per affrontarla e gustarla, l’unico modo è mangiare tanti piccoli bocconcini, soffermandosi su ogni singolo sapore ed affrontandolo come una sfida a sé. Affrontare la Ronda in un sol boccone è il modo migliore per andare subito in KO e trovarsi piegati in due a vomitare. Ovvero come quei miei amici che si sono fermati perché sapevano cosa avessero davanti, stremati più dalla aspettativa di fatica che dallo sforzo già fatto.
La Ronda ha davvero tanto, forse troppo, ed il rischio è di non godersela a pieno perché richiede un impegno di attenzione e di tecnica che normalmente su distanze così lunghe non è così continuo ed intenso.
In molti tratti ho odiato questa gara. Per la prima volta mi sono pentito di non essermi iscritto ad una distanza minore.
Motivo per cui io suggerirei a chi normalmente fa una 100 miglia con tranquillità di iscriversi alla 110 km, e chi corre i 100-130 km di iscriversi alla 80. La 42 km equivale ad una nostra dolomitica 70-90 km. E questo non solo per i dislivelli, ma anche per la durezza del terreno.
Penso poi alla Els2900, una gara che tocca molti punti della Ronda, ancora più tecnica ed ancora più dura. Ma più breve. Tornando all’esempio della pizza: una diavola piccantissima, ma solo con un ingrediente. Quello tecnico, e quindi alla fine più godibile, se si ama quel sapore.
Parlando di cibo e lasciando le metafore, c’è da dire che i ristori sono ben forniti ma spesso molto lontani tra loro e quindi è bene alimentarsi bene ad ogni punto ed avere una buona scorta per affrontare tratti di anche 18 km e 2000 D+ su terreno ostico e senza punti di rifornimento.
Ottimo anche il servizio pre e post gara: podologi e fisioterapisti operativi 24ore su 24. Mai mi è capitato, nemmeno al TOR o a Chamonix di avere un servizio così completo ed efficiente.
Anche il pacco gara ed i gadget Finisher sono quasi esagerati: maglia, manicotti, fascia, buff e piumino. Insomma, mancavano solo scarpe e zaino e poi davano tutto. Tanto, di qualità, forse anche troppo, ma gradito.
Il mio consiglio è quindi di iscriversi alla Ronda solo ed unicamente se la si affronta dimenticando i propri tempi e ritmi sulle 100 miglia. Affrontatela come un viaggio e senza aspettative di tempo. Prudentemente consiglierei di iniziare puntando ad una distanza inferiore, che in questo caso è comunque molto impegnativa. Credo che la Ronda debba quindi essere il secondo appuntamento in Andorra e mai il primo.
Se non avessi fatto parte del percorso partecipando alla ELS2900, non credo che avrei finito la gara, perché mi sarei bruciato a metà.
In sostanza è importante essere preparati al fatto che il terreno è duro, ma non bisogna pensarci troppo per non farsi abbattere de quello che ci aspetta. Piacere al limite del masochismo.
DETTO IN UN ORECCHIO ALL’ORGANIZZATORE, SENZA CHE CI SENTA NESSUNO
- Ma che cosnigli dare? Nonso il Catalano! Ecco, magari parlare un po più di inglese!
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