19 Mar Gare 2020: “solo” una stagione annullata o un mercato distrutto?
Cancellazioni, rimborsi, spostamenti di date. Da sempre punti dolenti sia per gli organizzatori che per i runner. In passato ho già affrontato l’argomento e parlato di come talvolta la “sicurezza” venisse strumentalizzata o sottovalutata sia dai concorrenti che dagli organizzatori. Per chi fosse interessato l’articolo è qui.
Annullare o spostare una gara in un periodo di emergenza generale è come decidere di stare a casa o andare in giro: funziona solo se lo fanno tutti, se qualcuno non lo fa, il problema si fa più grave e lungo da risolvere per tutti.
Questo pezzo voleva essere un messaggio Whatsapp da postare su un gruppo di organizzatori. Ma poi ho pensato di farne un documento che potesse essere rivolto ad una platea più ampia.
I motivi sono due: non tutti gli organizzatori sono nel gruppo e anche l’opinione di chi corre è fondamentale. Ma non solo. Forse chi corre, leggendolo, può rendersi conto che dietro una decisione da parte di un organizzatore che può apparire sbagliata o ingiusta, ci sono delle motivazioni che vanno ben oltre il fare una x sul calendario.

Oggi lo scenario è in radicale cambiamento e ci troviamo in un periodo storico simile all’11 settembre 2001, riguardo la gestione sicurezza negli aeroporti. Se prima di quel momento si poteva viaggiare quasi con tutto, ed i controlli erano molto blandi, oggi siamo abituati ad una gestione sempre più stringente dei varchi aeroportuali.
E se mentre si ripulivano le macerie di “Ground Zero” si pensava a come normare il traffico aereo ed i controlli, oggi, mentre fronteggiamo il picco della pandemia, dobbiamo pensare a come affrontare il post emergenza.
Per certo il legislatore introdurrà delle nuove norme a regolamentare tutte le situazioni in cui si creino assembramenti, complicando non poco le procedure organizzative, aggiungendo nuovi oneri a quelli già introdotti per gestire la minaccia terroristica dal decreto “Minniti”.
Lascio quindi ogni considerazione riguardo a questi aspetti, e mi concentro solo su quelle che spettano, a livello decisionale, agli organizzatori.
Mi concentro su un punto, su quello di cui non si parla volentieri tra organizzatori, e che i regolamenti cercano il più possibile di mettere in secondo piano. Ovvero cosa succede se un evento non si può fare. Attenzione però, parliamo di motivi di forza maggiore, ovvero, nel caso di una gara di corsa, il divieto da parte delle autorità. Che questo divieto derivi da una pandemia, una invasione aliena o un’allerta meteo, poco importa. Si tratta di un divieto davanti al quale l’organizzatore può solo alzare le mani e fare quello che dice la legge.
Non entriamo quindi nel merito delle cancellazioni o spostamenti di un evento per motivi legati all’organizzazione, o alle decisioni degli organizzatori.
Quello a cui stiamo assistendo, in questi giorni, è ad una pioggia di cancellazioni di eventi in calendario in un’atmosfera di panico generale e caos. Ho parlato con molti organizzatori ed in pochi ho trovato lucidità e chiarezza di idee sul futuro. Diverse sono poi le politiche adottate dagli organizzatori in termini di tutela del concorrente: alcuni rimborsano il 50%, altri il 70% altri spostano l’iscrizione alla nuova data. Alcuni non danno nulla. Molti tacciono e rimandano la decisione a quando sarà necessario prenderla e comunicarla.
Il punto della questione è quindi capire non solo cosa è giusto fare dal punto di vista economico, al fine di non affossare l’evento, ma anche comprendere cosa è corretto fare dal punto di vista etico, nei confronti degli altri organizzatori e del concorrente.
Ed è proprio questo il nodo della questione. Tanti organizzatori, come tanti concorrenti, si fermano ad osservare la decisione solo da una di queste tre prospettive, quando in realtà la decisione dovrebbe essere presa ponderando tutti gli aspetti.
La sostenibilità economica
Qui entrano in gioco due variabili molto importanti. La prima è se un evento è organizzato professionalmente, ovvero con una pianificazione economica, una gestione aziendale e rispettando a pieno le direttive e le norme di sicurezza, con un piano di promozione articolato e avvalendosi di professionisti oltre che di volontari. La seconda variabile è quella temporale, ovvero a quanti giorni dalla data dell’evento si manifesta l’evento ostativo.
Ça va sans dire che per l’organizzazione professionale la cancellazione può portare a ripercussioni ben più serie che per l’evento amatoriale, che si basa su investimenti minori e su decisioni prese quasi all’ultimo momento.
Un buon sistema per bilanciare il rischio delle due variabili ed arrivare ad una formula che soddisfi sia il piccolo che il grande organizzatore, sarebbe concepire un sistema di compensazione che sia inversamente proporzionale all’eventuale scontistica sulle quote e proporzionale al ritardo di iscrizione.
Gli altri organizzatori, ovvero il calendario
Laddove la decisone della data non è delegata alle federazioni, o influenzata dal loro veto, la decisione è totalmente in capo all’organizzatore. Cosa che avviene nella maggior parte dei casi delle gare di trail, e nella minor parte delle gare su strada.
Qui si vede veramente la natura di chi organizza: chi punta a fare l’evento a tutti i costi o chi cerca di mettere qualità, serietà organizzativa ed etica al primo posto. Il primo segnale da parte di noi italiani è stato di grande responsabilità: a malincuore si annulla e passa all’anno successivo. Ed è questo che hanno fatto Ultrabericus, Maremontana ed Ecotrail di Firenze.
Il ragionamento infatti non deve essere solo di opportunità, ma di sistema, inteso sia come calendario delle gare che come mondo della corsa. Personalmente ritengo che il posticipo da 1 a 3 settimane sia tollerabile, cosa che può avvenire per allerta meteo o similari, ma che diventi estremante irresponsabile, se si parla di spostare la data di mesi.
Questo perché, in un calendario già denso, si produce maggior affollamento e la rottura di equilibri delicatissimi. Se lo spostamento di data è fatto da una gara grossa, inevitabilmente costituirà la condanna a morte per le gare minori, se è fatto da una gara minore, la maggior densità di eventi porterà danni a tutti i piccoli, rendendo difficile sopravvivere anche a chi forse si sarebbe salvato o chi stava appena a galla. La dura legge del mercato, direte.
Non è così, perché qui non si parla semplicemente di competere in un libero mercato, ma di farlo su una piazza drogata da questo fattore imprevedibile, che inevitabilmente comporta una competizione non basata sulla diminuzione dei prezzi e l’aumento della qualità per il consumatore ma sulla riduzione dei margini operativi per l’organizzatore e sulla diminuzione della qualità erogata per chi partecipa. Parallelamente a questo si arriva alla cancellazione dei player minori e alla sopravvivenza solo dei leader, con un appiattimento dell’offerta. Ovvero tutto il male, senza il bene, del libero mercato.
Oltre a questo, si somma il problema etico nei confronti di chi, proprio per evitare di dar fastidio ad altri si è spostato di data. Ma non solo, si presenta anche il problema organizzativo dell’eccessiva pressione sul territorio con una domanda più pressante di volontari e servizi di assistenza (come accadde per il Tor des Geants ed il 4 K).
Spostare quindi un evento di stagione, così di punto in bianco, è quindi un atto di profonda irresponsabilità e mancanza di etica nei confronti degli altri eventi, ma anche il gettare le premesse per danneggiare ulteriormente il mercato.
Così scontentiamo tutti gli stakeholder: i runner, gli sponsor, gli enti commerciali locali e l’organizzazione. Basti pensare agli sponsor che in tali condizioni non avranno la qualità organizzativa dei numeri a pieno regime e la visibilità promessa in fase di valutazione della sponsorizzazione e dell’evento.
Spostare quindi un evento piccolo significa creare le condizioni per cui tutti gli eventi piccoli soffrano. Spostare un evento grosso significa danneggiare l’intero mercato e ridurre la qualità organizzativa, la visibilità per gli sponsor e l’eterogeneità del mercato. In entrambi i casi una pessima decisione.
Infine, ma non da meno, la percezione del runner
Certo, se si rimborsa tutto i runner sono contenti. Ma non sempre è possibile farlo e se lo si fa, inevitabilmente si rischia di mandare a gambe all’aria l’organizzazione, o peggio ancora, di portare i concorrenti verso un evento male organizzato o con sostanziali tagli sulla sicurezza e tutti quei servizi vitali ma spesso invisibili all’occhio dell’utente. Invisibili fin che non servono.
In definitiva è impossibile trovare una soluzione che consenta di garantire la massima soddisfazione del concorrente e la perfetta operatività organizzativa. È necessario il compromesso, ma la chiave di questo va ricercata nella chiarezza delle condizioni, ovvero qualunque sia la decisione presa dall’organizzatore, il regolamento dovrebbe essere estremamente chiaro a riguardo. E non solo, le condizioni di rimborso o trasferimento o perdita della quota andrebbero ribadite in fase di iscrizione.
In conclusione, visto il momento in cui siamo, viste le incertezze verso cui andiamo e mancando (per fortuna) un’autorità superiore che decide il calendario delle manifestazioni di trail running, credo che la miglior soluzione sia guardare al futuro pensando non solo alla singola gara e all’anno in corso, ma all’intero panorama e in un’ottica di rete e di sinergia pluriennale.
Nel concreto, la decisone verso la quale sta andando l’organizzazione di cui faccio parte, La Corsa della Bora, sarà quindi basata sul ponderare le tre prospettive ed adottare, rendendo trasparenti al runner, una policy di annullamento per forza maggiore:
- Entro massimo tre settimane l’evento viene spostato, oltre le tre settimane viene annullato.
- In caso di spostamento di data entro tre settimane, non è previsto alcun rimborso.
- In caso di annullamento viene data l’opzione se trasferire la quota all’anno successivo nella stessa data o se ricevere un importo inversamente proporzionale alla quota di iscrizione e proporzionale al tempo.
- Offerta, come opzione extra, di una polizza assicurativa che copra il rischio di annullamento per motivi di forza maggiore o rinuncia per impossibilità del concorrente.
Nel concreto se uno si iscrive presto e paga poco non viene praticamente rimborsato di nulla, fermo restando il diritto di partecipare l’anno successivo. Se uno si iscrive con le quote maggiori, viene rimborsato interamente o quasi. In buona sostanza il concetto opposto a quello dell’annullamento per volontà del runner: se uno annulla presto viene rimborsato di tutto, se uno annulla tardi, di nulla.
Ma questo pezzo, più che una dichiarazione di intenti o una promessa, vuole anche essere un’occasione di confronto con altri organizzatori e concorrenti. Esprimete quindi la vostra opinione, meglio ancora se tutti sullo stesso post, sulla pagina sentierouno di Facebook.
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